martedì 12 aprile 2016

                                  Aaron Beck, il pioniere delle scienze cognitive


BECK PROPONE UNA TEORIA INTEGRATIVA DELLA DEPRESSIONE

In un nuovo articolo pubblicato su “Clinical Psychological Science”, Aaron Beck, il pioniere della scienza cognitiva che ha rivoluzionato la ricerca scientifica sulla depressione, e il suo collega Keith Bredemeier, dell’Università di Pennsylvania, mirano ad integrare i risultati ottenuti in una serie di importanti studi sulla depressione, per sviluppare un modello teorico globale e coerente del disturbo.
Con il loro modello unificato, Beck, James McKeen Cattell Fellow e Bredmeier, attingono dai risultati ottenuti a vari livelli di analisi in discipline diverse, tra cui cliniche, cognitive, biologiche e approcci evolutivi, e forniscono un quadro ampio che spiega la sintomatologia della depressione e il suo corso naturale, dalla sua insorgenza alla guarigione: “Tutte le scoperte e i risultati ottenuti in relazione alla depressione possono essere messi insieme per fornire un modello globale del disturbo che ne spiega le sue stupefacenti caratteristiche”, scrivono gli autori. Il loro modello unificato si basa sulla premessa che la depressione rappresenta un adattamento alla perdita percepita di risorse umane essenziali che consentono l'accesso ai bisogni della vita - tra cui la perdita di un membro della famiglia, un partner, o un gruppo di pari. Per le persone che sono più a rischio di grave depressione, a causa di fattori genetici o ambientali specifici, è più probabile che questa perdita sia percepita come devastante e insormontabile.
L’elevata reattività allo stress e le radicate distorsioni cognitive portano queste persone a rischio a coltivare convinzioni negative su se stesse, il mondo e il futuro, una combinazione che lo stesso Beck ha denominato “triade cognitiva negativa”. Una volta attivate (per esempio da eventi di vita stressanti), queste credenze innescano tutta una serie di emozioni ad esse coerenti, come la tristezza, l’anedonia, il senso di colpa, così pure come risposte comportamentali e fisiologiche come il ritiro, l’inattività, la perdita dell’appetito. La funzione generale di questo cosiddetto "programma della depressione", dicono gli autori, è quello di promuovere la conservazione d’energia, a fronte della perdita percepita di risorse. Nel corso del tempo, il “programma depressivo” rafforza le convinzioni negative, che prima di tutto mettono le stesse persone a rischio di depressione. Questo programma può essere fermato quando le risorse vitali vengono ripristinate, sia perché emergono nuove informazioni che correggono le distorsioni cognitive-pensieri negativi, o perché la situazione di per sé è cambiata. Fattori esterni come il sostegno di amici e familiari, la guida di uno psicoterapeuta, e il trattamento biologico (ad esempio i farmaci) possono aiutare a fermare il “ciclo della depressione”.
"Il nostro modello suggerisce che ogni intervento che ha come obbiettivo i fattori chiave che predispongono o che acuiscono, o i fattori di resilienza, può ridurre il rischio o alleviare i sintomi della depressione", spiegano Beck e Bredemeier.


giovedì 10 marzo 2016

Recentemente ho avuto il piacere di essere intervistato dalla sociologa Enza Angela Massaro, giornalista della testata giornalistica online Fanpage.it, su una serie di tematiche riguardanti la dipendenza affettiva e le relazioni di coppia.

Con lo stesso piacere di seguito condivido i link con i diversi estratti dell'intervista:

  http://autori.fanpage.it/la-codipendenza-affettiva-il-parere-dell-esperto/

  http://autori.fanpage.it/in-amore-vince-sempre-chi-fugge/

  http://autori.fanpage.it/voce-del-verbo-amare/




lunedì 7 marzo 2016

       


La codipendenza affettiva: il parere dell’esperto
Uno studio sulle dipendenze affettive: la codipendenza, la strategia di controllo, lo sviluppo della personalità dipendente.

venerdì 26 febbraio 2016

9 caratteristiche delle personalità dipendenti






La personalità dipendente è caratterizzata da una serie di tratti che si estrinsecano come atteggiamenti e comportamenti frequentemente ricorrenti: di seguito vengono riportati quelli maggiormente caratteristici. 
Naturalmente ciò che distingue il livello di difficoltà nel funzionamento psicosociale è la frequenza della ricorrenza di questi tratti.


1. Le persone dipendenti hanno difficoltà a prendere decisioni nella quotidianità, senza sostegno e rassicurazione. 
2. Hanno bisogno degli altri per assumersi le responsabilità nella maggior parte delle aree della loro vita.
3. Hanno difficoltà a dissentire o esprimere un diniego senza sperimentare una notevole angoscia o paura.
4. Hanno una forte difficoltà a iniziare un progetto senza il sostegno o l'approvazione degli altri. 
5. Si sentono ansiose o stressate quando sono sole, o quando pensano di restare sole.
6. Si sentono frequentemente responsabili quando succedono cose negative. 
7. Sentono un forte carico di responsabilità per soddisfare le aspettative degli altri.
8. Hanno una forte necessità di essere validate e approvate dagli altri. 
9. Sono incapaci di creare o difendere i confini personali (confini del Sé, confini relazionali): spesso si coinvolgono in relazioni simbiotiche o invischiate, o sono incapaci di uscire da rapporti in cui subiscono maltrattamenti.

Ovviamente il dinamismo psichico della personalità dipendente è il prodotto di una struttura e organizzazione di personalità che si è costituita in relazione a una serie di antecedenti evolutivi, di eventi, di relazioni primarie e di fattori ambientali che hanno determinato lo sviluppo di una serie di schemi mentali disfunzionali e di nuclei complessuali che si pongono alla base del malessere e del disadattamento. 

 Anche nel caso della personalità dipendente, molto si può fare con la psicoterapia.


Studio Consulenza Psicologica e Psicoterapia
Dott. Antonello Viola
Cagliari - Via San Lucifero, 65
Quartu Sant'Elena - Via Irlanda, 2
Tel. 3200757817

 

martedì 23 febbraio 2016

10 modalità di pensiero che sabotano la forza dell'Ego indebolendone la resilienza


Un Ego resiliente, cioè dotato di una buona forza e capacità adattiva è generalmente caratterizzato da una sufficiente capacità di gestire i propri processi di pensiero, di regolare le proprie emozioni, e di produrre comportamenti funzionali anche in condizioni avverse o stressanti.
Queste tre capacità costituiscono generalmente un campo di battaglia per l'Ego della personalità: tuttavia senza dubbio una delle maggiori complicazioni nel suo dinamismo è rappresentata dalla funzione psichica "pensiero": infatti un Ego che non sia in grado di gestire funzionalmente e adattivamente il processo logico e analitico, può risultarne notevolmente indebolito. 
Nell'affrontare le nostre routine quotidiane il nostro monologo interno costituisce un'auto narrazione della nostra esperienza. Il dialogo con noi stessi guida il nostro comportamento e influenza il modo in cui interagiamo con gli altri, giocando altresì un ruolo molto importante nella qualità della nostra auto-percezione, dunque su come ci sentiamo nei confronti di noi stessi, degli altri, e del mondo in generale, e conseguentemente influendo sulla nostra forza mentale globale.
Spesso, comunque, i nostri pensieri consci possono non essere realistici: in alcuni casi possono essere addirittura irrazionali o inaccurati. L'adesione ai nostri pensieri irrazionali può condurre a problematiche di vario genere, che possono includere ad esempio difficoltà comunicative, relazionali, decisioni precipitose o incoerenti.
Certamente il progresso nell'acquisizione della forza dell'Ego e dello sviluppo psicologico passa attraverso il riconoscimento e la sostituzione dei pensieri irrazionali, che determinano quelle distorsioni cognitive e quegli atteggiamenti erronei che alla lunga solitamente portano alla sofferenza psichica. I più comuni errori di pensiero possono essere divisi in 10 categorie, che possono essere letteralmente considerate delle trappole pericolose per l'Ego:
1. Il pensiero dicotomico "o tutto o niente" "o bianco o nero" o "buono o cattivo"
2. Sovrageneralizzazione
3. Filtrare gli aspetti positivi
4. Lettura della mente
5. Catastrofizzazione
6. Ragionamento Emozionale
7. Etichettamento
8. Profezia che si autoavvera (autosuggestione negativa)
9. Ideali irrealistici
10. Personalizzazione
Questi 10 meccanismi mentali spesso inconsciamente sostengono il dialogo interiore disadattivo e cristallizzano schemi mentali maladattivi, filtrando in modo più o meno distorto gli aspetti della realtà esterna, e perciò provocando nel corso del tempo vari stati di malessere psicologico (ansia, depressione, psicosomatizzazioni, conflitti relazionali, ecc.).
Lavorare sui pensieri automatici negativi e sugli schemi mentali maladattivi può consentire di recuperare un livello di armonia psicologica e di resilienza allo stress che in alcuni casi e per varie ragioni di natura evolutiva si erano persi o bloccati. 
Se sei interessato ad approfondire l'argomento potrebbe interessarti intraprendere un percorso breve di consulenza psicologica o di psicoterapia.
Dott. Antonello Viola, psicologo-psicoterapeuta
Studio Psicoterapia e Consulenza Psicologica-Psicodiagnostica
Cagliari - Via San Lucifero, 65
Settimo San Pietro (CA) - Via Basilicata, 5