BECK PROPONE UNA TEORIA INTEGRATIVA DELLA DEPRESSIONE
In un nuovo articolo pubblicato
su “Clinical Psychological Science”, Aaron Beck, il pioniere della scienza
cognitiva che ha rivoluzionato la ricerca scientifica sulla depressione, e il suo
collega Keith Bredemeier, dell’Università di Pennsylvania, mirano ad integrare
i risultati ottenuti in una serie di importanti studi sulla depressione, per
sviluppare un modello teorico globale e coerente del disturbo.
Con il loro modello unificato, Beck,
James McKeen Cattell Fellow e Bredmeier, attingono dai risultati ottenuti a
vari livelli di analisi in discipline diverse, tra cui cliniche, cognitive,
biologiche e approcci evolutivi, e forniscono un quadro ampio che spiega la
sintomatologia della depressione e il suo corso naturale, dalla sua insorgenza
alla guarigione: “Tutte le scoperte e i risultati ottenuti in relazione alla
depressione possono essere messi insieme per fornire un modello globale del
disturbo che ne spiega le sue stupefacenti caratteristiche”, scrivono gli
autori. Il loro modello unificato si basa sulla premessa che la
depressione rappresenta un adattamento alla perdita percepita di risorse umane
essenziali che consentono l'accesso ai bisogni della vita - tra cui la
perdita di un membro della famiglia, un partner, o un gruppo di pari. Per le
persone che sono più a rischio di grave depressione, a causa di fattori genetici
o ambientali specifici, è più probabile che questa perdita sia percepita come
devastante e insormontabile.
L’elevata reattività allo stress
e le radicate distorsioni cognitive portano queste persone a rischio a
coltivare convinzioni negative su se stesse, il mondo e il futuro, una
combinazione che lo stesso Beck ha denominato “triade cognitiva negativa”. Una
volta attivate (per esempio da eventi di vita stressanti), queste credenze
innescano tutta una serie di emozioni ad esse coerenti, come la tristezza, l’anedonia,
il senso di colpa, così pure come risposte comportamentali e fisiologiche come
il ritiro, l’inattività, la perdita dell’appetito. La funzione generale di
questo cosiddetto "programma della depressione", dicono gli autori, è
quello di promuovere la conservazione d’energia, a fronte della perdita
percepita di risorse. Nel corso del tempo, il “programma depressivo” rafforza
le convinzioni negative, che prima di tutto mettono le stesse persone a rischio
di depressione. Questo programma può essere fermato quando le risorse vitali
vengono ripristinate, sia perché emergono nuove informazioni che correggono le
distorsioni cognitive-pensieri negativi, o perché la situazione di per sé è
cambiata. Fattori esterni come il sostegno di amici e familiari, la guida di
uno psicoterapeuta, e il trattamento biologico (ad esempio i farmaci) possono
aiutare a fermare il “ciclo della depressione”.
"Il nostro modello
suggerisce che ogni intervento che ha come obbiettivo i fattori chiave che
predispongono o che acuiscono, o i fattori di resilienza, può ridurre il
rischio o alleviare i sintomi della depressione", spiegano Beck e
Bredemeier.
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